Hai mai sentito parlare di moda sostenibile? Forse hai visto qualche post sui social, oppure hai qualche amica che te ne parla in modo convinto, oppure hai visto uno di quei servizi sul fast fashion (l’altra faccia della medaglia) e ti rendi conto che quello, no, non è sostenibile.

Be’, devo dirti la verità, anche se qualcosa sapevo già, ho trovato davvero molto utile farmi raccontare qualcosa di più da una cara amica che da anni si occupa proprio di questo: Claudia Mari

Con Claudia abbiamo girato assieme una cooking class preparando gli sporcamuss. Trovi il video su YouTube e la ricetta con il Bimby e senza Bimby. 

Flavia e Claudia: moda sostenibile

Poi, cucinando, le chiacchiere si sono fatte serie (ma quanto ci si conosce bene in cucina?) e alla fine ho deciso di farle un’intervista sulla moda sostenibile in Italia. E’ quella che trovi qui sotto. 

Che cosa si intende per moda sostenibile o ecosostenibile? Puoi fare alcuni esempi?

E’ quella moda basata sulla consapevolezza della provenienza dei materiali, e dei metodi e luoghi di produzione. Per sostenibilità si intende che tessuti e colori di abiti e accessori non siano dannosi per l’ambiente e per la nostra pelle, così come i processi di produzione siano rispettosi della natura e garantiscano condizioni di lavoro dignitose a chi è impiegato in questo settore. 

Non è sostenibile, per fare un esempio, una maglietta di fibra sintetica (che quindi non sarà facile smaltire come rifiuto e che rilascia microplastiche nelle fasi di lavaggio), colorata con sostanze chimiche dannose per la pelle, mari e fiumi, e che viene magari cucita da bambini o adulti per pochi centesimi di euro al giorno. 

Che differenza c’è tra moda sostenibile e Fast Fashion?

La moda sostenibile, per definizione, è attenta ad ambiente e aspetto sociale; il Fast Fashion si chiama così perché propone quasi una collezione a settimana… la cosiddetta “moda veloce”, che porta a discariche di vestiti depositati in Paesi lontani dal nostro e che difficilmente potranno essere assorbiti dall’ambiente in maniera naturale. Senza tenere conto del fatto che, anche prima di essere smaltiti, quei capi hanno rilasciato sostanze coloranti o microplastiche nei fiumi e nei mari ogni volta che sono stati lavati, perché realizzati con materiali sintetici. 

Si sente tanto parlare di greenwashing. Di cosa si tratta? Come possiamo imparare a riconoscerlo?

Sono delle tecniche di propaganda utilizzate per far credere che un brand o prodotto sia sostenibile, quando invece non lo è. Tutti i più grandi brand di Fast Fashion si sono accorti che l’attenzione alla sostenibilità sta divenendo sempre più alta, dunque si stanno organizzando per stare al passo lanciando campagne e slogan che fanno credere che siano sostenibili, quando dietro restano le stesse modalità di produzione o gli stessi materiali. 

Per fare un esempio, dichiarare che si utilizzano materiali di riciclo, non garantisce che quei materiali siano totalmente naturali e non nocivi per l’ambiente… o che magari si parla di pochi capi riciclati rispetto a centinaia di collezioni all’anno. 

Moda sostenibile e marchi: quali sono i brand che fanno veramente moda sostenibile?

Ce ne sono molto pochi. Fare moda in maniera davvero sostenibile è molto costoso e difficoltoso. In primo luogo perchè tessuti e coloranti davvero sostenibili in Italia e in Europa ce ne sono pochi… Produrre cotone o seta in quantità tali da soddisfare la domanda dell’industria della moda richiede colture intensive che ad oggi non siamo in grado di soddisfare. Ma non sarebbe questo il problema se tornassimo a comprare meno ma meglio!

Magari una maglietta a stagione anziché una a settimana, ma realizzata con cotone naturale o colorata con sostanze vegetali (come ginestra, lavanda, melograno, ecc). 

Conosco da vicino alcuni brand come Darling Grace che fa abiti per donna con sole fibre naturali come la cellulosa di mais, bambu’ o alga; Krocette che realizza borse e accessori in pelle derivante dalla mela; Carolinda Alpaca, che realizza capi per i più piccoli con filati di alpaca realizzati dalle donne in Bolivia. 

Vuoi suggerirci qualche strategia per imparare a scegliere bene i nostri capi di abbigliamento?

Cerchiamo di conoscere davvero come e dove sono stati prodotti quei capi di abbigliamento. Facciamoci qualche domanda in più sul brand, sul tessuto, sulle quantità immesse sul mercato, sul prezzo… Meglio indossare un capo realizzato a mano da artigiani e magari unico nel genere, piuttosto che capi uguali a migliaia di altri prodotti in serie in qualche fabbrica molto lontana da noi. 

Come possiamo conciliare una moda che sia sostenibile per l’ambiente con le nostre tasche? ⁠Ci sono marchi che tu consiglieresti e che non costano un capitale?

I marchi che ho citato prima non hanno prezzi proibitivi, anzi… Costano quanto capi di fast fashion, ma hanno meno potere di comunicazione e pubblicità. Occorre più ricerca da parte nostra e più pazienza, ma non è impossibile spendere poco pur vestendo sostenibile. E poi non dimentichiamo il riciclo. Il recupero o lo scambio di capi di qualità è uno dei migliori modi per salvaguardare l’ambiente (e le nostre tasche!). (Qui un approfondimento su come Riciclare i vestiti)